FIGURE A BASSISSIMA DENSITA’” SIMONE TOSCA 2004-2014

INAUGURAZIONE 05.10.14
h. 12:00
CARS via Pastrengo 14, OMEGNA (VB)
fino al 12 Ottobre - ingresso libero
su appuntamento tel. 0323.61593

"V" di SIMONE TOSCA
Opera di Arte pubblica
PRESENTAZIONE
h. 15:30
Lungo Nigoglia, OMEGNA (VB)

Simone Tosca
Figure a bassissima densità


Al concerto di Luciano Berio ho scoperto una cosa

Recentemente ho assistito ad un’opera di Luciano Berio: Coro.
Molto bella. È un’opera musicale che passa dall’infinitamente lirico al cacofonico, con grande fluidità.
A metà concerto ero completamente sprofondato in quella sequenza di suoni ed ho smesso di seguire solamente la
musica, iniziando ad ascoltare tutto: qualunque evento sonoro. Non come scelta ponderata ma come semplice fatto,
tutto era di fatto entrato attivamente a fare parte del concerto.
Così, al pari degli strumenti e delle voci dei cantanti, ho iniziato a soffermarmi sui suoni laterali. Il fruscio di abiti e
scarpe dei coristi che si alzano e si risiedono erano ora una parte integrante del lavoro, non in quanto semplici
elementi formali (come potrebbe essere ed esempio la grana della carta da disegno -nel- disegno), bensì in quanto
elementi sonori attivati dall’opera stessa.
Suoni non pensati dal compositore, ma estratti dal cosiddetto mondo reale e messi in evidenza grazie alla forza
astrattiva della sua stessa opera. Suoni molto belli, sia nel contesto della composizione, che guadagnava calore, che
in quanto tali nella loro frusciante umanità.
Il valore di un’opera d’arte si misura attraverso il modo in cui essa trasfigura tutto quello che viene esperito
parallelamente, nella realtà. L’arte è un attuatore di metodi percettivi che non conosciamo, che rende evidenti cose
che prima non notavamo (evidenti ma non necessariamente esplicite).
Il mio tipo di ricerca artistica ha quindi come obbiettivo, non tanto l’evoluzione del linguaggio artistico, quanto
l’evoluzione percettiva individuale; ogni aspetto linguistico, narrativo e stilistico non conta nulla.

Seconda intenzione
Quindi sintetizzo qui il mio lavoro, alla maniera di un volantino anarchico:
Il mio lavoro si basa sulla ricerca, la sintesi e la riproposizione degli elementi di base della rappresentazione pittorica,
dove la struttura originaria del soggetto rappresentato (forma) viene demolita, quindi riproposta, liberata dalle
costrizioni 1) simboliche, 2) iconiche, 3) narrative, che da secoli opprimono il nostro modo di vedere, percepire e
quindi conoscere.
La pittura non è tecnica: è metodo.
In altre parole: dipingere non è necessariamente —olio su tela— quanto —colore su qualunque cosa—, dove la
pratica e la riflessione hanno, all’interno del processo creativo, una posizione dominante rispetto alle singole
intuizioni, che sono invece caratteristica di stampo concettuale.
Ho voluto in parte contraddire quanto detto all’inizio per non dare rilevanza teorica alla scelta di non fornire alcuna
spiegazione del mio lavoro, tramite un doppio verbale. L’aspetto teorico dell’arte è oggi per me talmente irrilevante
che occorre eliminare perfino la forzatura connessa all’atto stesso della sua negazione.
La componente concettuale sta al mio lavoro come le fondamenta di un edificio stanno all’edificio stesso: c’è ma
non si vede. Potete guardare da fuori, entrare, abitarci… ma niente spiegazioni, quel modo di confrontarsi con le
opere d’arte è finito.
I miei lavori confluiscono l’uno nell’altro, secondo un ciclo di produzione-analisi-produzione (che Enzo Mari
chiamerebbe prassi-teoria) dove la teoria è funzionale al conseguente oggetto estetico.
Costruisco forme che rimangono aperte.
È preferibile correre il rischio di venire accusati di essere carenti in senso, che non commettere il crimine di produrne
altro. La produzione di significato è un’operazione di marketing dell’arte, che non è funzionale alla fruizione
dell’opera, che richiede sensibilità , più che conoscenza, ma alla sua promozione.
Perché mai dovrei svilire il mio lavoro, trovando le parole giuste per descriverlo, al solo fine di renderlo invisibile.